Franco Arminio viene presentato come poeta e paesologo, definizione coniata dallo stesso Arminio, che fa riferimento alla sua missione di riportare alla luce e alla vita i paesi addormentati e dimenticati sparsi in tutta Italia.

Arminio è una figura sui generis nel mondo della poesia contemporanea: partendo dal suo paese di origine, (Bisaccia in Campania), è riuscito nel tempo, con pazienza e molta passione, non solo a promuovere e diffondere la sua opera poetica, ma anche a creare un nuovo modo di vivere e condividere poesia.

Durante un incontro con Arminio si sperimenta l’allegria e la profondità dell’essere insieme e sentirsi parte integrante della comunità umana.

Una serata con Franco Arminio come quella del 18 febbraio all’Arci Bellezza di Milano, dal titolo La cura dello sguardo (che fa riferimento al titolo della sua più recente raccolta poetica) parte dalla lettura dei suoi versi per coinvolgere i partecipanti in un ascolto attivo; nel corso di un incontro con Arminio si può condividere i propri scritti se si è poeti, cantare in coro, rispondere all’appello dei luoghi di origine, facendosene portavoce: tutto questo diventa esperienza poetica, perché “poesia” non sono solo parole intrecciate con grazia, ma è soprattutto un’attitudine dell’essere, del vivere di ogni istante.

La poesia di Franco Arminio mescola in sé la dolcezza della malinconia con l’intensità del sentire e del desiderio viscerale di condividere quel sentire per renderlo vivo, conosciuto, companatico; come la poesia tutta richiede il silenzio dell’ascolto, un ascolto attivo che crei lo spazio per poter creare nuova poesia da un seme coltivato ogni giorno: quello della meraviglia.

Qualche tempo fa io e Paola Raimondi abbiamo conversato con Franco Arminio – la cui poesia frequentiamo entrambe già da molto tempo – sul tema della gentilezza, per il progetto Gentil – Uomini.

Ecco lo scambio che ne è scaturito.

Cosa è, per lei, la gentilezza?

Eh…la gentilezza cosa è per me?.. Credo anche per gli altri…Significa che gli altri sono esseri umani come noi e hanno bisogno di essere riconosciuti e di attenzioni, no?…per il fatto che sono vivi e sono nel mondo come noi e vivono la prospettiva della morte …

Credo che la gentilezza sia legata al fatto che tutte le creature che vediamo intorno a noi sono creature mortali, anche le foglie, ovviamente, tutto…

Quindi la gentilezza la lego a questa precarietà, a questa fugacità.

Mi è piaciuta molto questa appendice sulle foglie…

Io amo gli alberi e ho scritto addirittura qualcosa che si intitolava: ”Vorrei essere un albero”.

Le foglie mi hanno evocato gli alberi.

Ritiene che sia di moda oggi la gentilezza?

Mah, direi che è più di moda la diffidenza, l’affermare le proprie convinzioni.

Non mi sembra che sia tanto di moda.

Se ne parla, poi una cosa è la gentilezza evocata, una cosa è essere gentili…

Essere gentili è una virtù o un vizio?

Una virtù, assolutamente.

Può rischiare di diventare un vizio?

No, se siamo gentili e non c’è retorica della gentilezza; perché in tal caso non serve a niente, non serve a nessuno.

Come sarebbe un mondo senza gentilezza? Avrebbe comunque ragione di esistere?

In parte lo è già senza gentilezza…non la si vede. Il mondo è pieno di guerre, non solo fra gli stati, anche tra gli individui.

Possiamo anche “levarci di torno”, perché non è bello vedere questa scena del mondo.

La gentilezza è una caratteristica, per così dire, più maschile o femminile?

Beh, forse si è gentili in modo diverso…Mi pare che tendenzialmente nelle donne c’è più attenzione e la gentilezza appartiene alla famiglia dell’attenzione.

Quali sono, in tre parole, le qualità positive o, diciamo così: provi a sintetizzare, a raccogliere in tre parole le qualità positive.

E’ una forma di attenzione, una forma di rispetto e una forma di umiltà, direi.

Lei è conosciuto come poeta e come paesologo: c’è poesia nella Paesologia? Quali paesi ha trovato più gentili?

Ah, un paese spesso non è gentile, spesso è così: contrariato, malinconico, sfiduciato… Non direi che c’è un paese “gentile”.

Non ne ha trovato qualcuno?

Può essere gentile la luce, la collina…la piazza; le persone che vivono nel paese …chiuse nella comunità poco gentili.

So che gira in diverse zone dell’Italia: c’è una zona che ha trovato abbia un alone più percepibile di gentilezza?

Secondo me, per esempio, in Sardegna, in Sicilia e anche in Calabria si percepisce qualcosa di…ecco, che possiamo chiamare gentilezza, accoglienza, leggera commozione…per il fatto che tu sei lì.

Commozione è bellissimo. Mi sono venute alla mente delle persone che si emozionano…

Nella Paesologia, come pratica, c’è Poesia?…Nel girovagare…

Sì, anzi, direi che forse c’è solo in quello.

E’ chiaro che io nei paesi, soprattutto quelli vuoti, vado perché trovo Poesia, certo, assolutamente.

Che paese è la Poesia?

E’ un paese dove non si può abitare stabilmente, ci si può passare dentro, e non ce ne accorgiamo mentre ci stiamo dentro.

Ce ne accorgiamo quando ne siamo usciti.

E’ un paese necessario, ma inabitabile.

La Poesia arriva da qualche parte, si riceve, o viene creata dal poeta?

Io credo che si riceva e poi magari “ci fai la confezione”, ma è un oggetto che ricevi.

La Poesia genera gentilezza o la gentilezza crea, nutre Poesia; o entrambe le cose?

Questo dipende dalla poesia: può generare anche sconcerto, dolore…o gentilezza e viceversa. Non ha quindi un rapporto esclusivo con la gentilezza.

Ma in generale cosa si potrebbe dire rispetto a questo, alla consuetudine con la poesia, intesa non solo come poesia di parola, ma come stile di vita dell’essere?

La poesia serve a ingentilire il mondo, non a biasimarlo, questo penso sia il nostro compito; quindi per me è così.

Quando io scrivo una poesia, anche se dolorosa, è sempre una forma di gentilezza.

Io non scrivo per strappare, ma per pregare: la preghiera è sempre gentilezza.

Come portare, come condividere poesia nel mondo? Come tu senti di farlo?

Io lo faccio sulla pagina, per strada, lo faccio ogni giorno, come esercizio a oltranza…poi so che ci sono altri modi “rispettabili”.

Per me non c’è un’unica via per fare poesia. Io faccio un libro e poi via.

Leggi, parla, nelle piazze, per le vie… non c’è un solo canale, diciamo così.

Mi viene in mente ora una bellissima immagine di quando eri andato a portare poesia anche agli animali e quindi mi viene da chiedere: la poesia va oltre le parole? Oltre la lingua?

Sì, va oltre le parole e la lingua, certo. Un gatto è poesia.

Si incontra un paese allo stesso modo in cui si incontra una persona?

Sì, si può fare simpatia e antipatia esattamente come con una persona.

In quale modo (ma forse in parte hai già risposto) transiti, cioè esprimi, nel tuo fare artistico, la gentilezza?

Tante volte è la situazione stessa: una stretta di mano. E’ una gentilezza interna allo scrivere: io sento questa cosa.

Questa è una domanda molto diretta, credo, ma semplice: tu ti consideri una persona gentile?

Sì, ma con manifestazioni anche di durezza.

Potremmo dire: una rudezza gentile.

Ricordi un atto di pura gentilezza che hai ricevuto e che ti ha particolarmente colpito…anche in tempi passati ?

Ne ricevo tanti. Ho un amico, si chiama Luciano, è una continua educazione di gentilezza. Mi stupisce per come vive con me, in tanti modi diversi, lui e anche tanti altri.

Parlo anche di tante piccole gentilezze quotidiane; ad esempio, in treno, quando aspetto di salire sul mio vagone, (siamo sempre cinque, sei, sette), salgo sempre per ultimo, anche se sono arrivato prima degli altri.

Io il posto ce l’ho assegnato e non vedo il motivo per cui dovrei salire per primo.

Ecco, questa è gentilezza.

A qualcuno fa piacere, a me non costa nulla.

Davvero. Rifacendomi prima alla tua definizione di gentilezza come attenzione, questo è un gesto di attenzione verso gli altri, accorgersi che ci sono…

Ma veramente non costa nulla. Ogni giorno che sono in treno faccio questa cosa e le persone sono anche stupite che le faccia passare davanti, pur essendo arrivato prima di loro, davanti al vagone.

Ma ripeto, non mi costa nulla.

Effettivamente è vero: a volte la gentilezza sorprende, perché a me è capitato proprio, più di una volta, di ringraziare delle persone per la loro gentilezza, perché non è così diffusa, o scontata. E spesso davvero ci si stupisce, sì, è così.

Vorrei che lei isolasse un atto particolare di gentilezza che può esserle apparso strano, da lei ricevuto, pur ricevendone tanti, riesce a isolarne uno?

Per stare all’ultimo, per esempio, è venuto alla presentazione del mio libro questo amico, portando una quantità enorme di dolci e nessuno glielo aveva chiesto.

Poteva portare un vassoio con dieci paste e invece ne ha portate “duecento”. Una gentilezza smisurata.

C’è qualche altra cosa che vuole aggiungere sulla gentilezza?

No, no, no. Più che parlarne, è difficile incarnarla. La gentilezza è cosa importante oggi. Molte persone partono con la gentilezza e poi magari, per qualche atteggiamento, diventano ostili.

Quindi a volte è anche molto ostentata, ma sotto questa gentilezza si nasconde ben altro.

Bisogna essere gentili nel profondo, gentili fino in fondo.

Direi che la gentilezza deve essere qualcosa che sta proprio al fondo di noi stessi.

to densa.

Questa intervista è stata molto densa, come se in un tempo ristretto si fosse raggiunto un risultato molto alto, davvero.

Su I Canti della Gratitudine: il testo è vicino a ciò che è stato detto: la gratitudine è gentilezza o viceversa.

Sono parole abbastanza vicine, appartengono alla stessa costellazione, no?

E bisogna essere grati profondamente, non come posa; ringraziare veramente ogni giorno quello che abbiamo, quello che siamo, ciò che ci sta intorno.

Se ne vede poca, invece, di gratitudine.

Tutti siamo propensi a invocare attenzioni ; quando ci arrivano le vogliamo ancora di più.

Io, a dire la verità, mi aspettavo che questo libro, questa parola, producessero una fiammata, più attenzione…non tanto per vendere il libro, ma per produrre una scossa.

Invece questo è un mondo che non si fa scuotere, da niente e da nessuno.

Non c’è gratitudine, non c’è indignazione.

Non crediamo a niente, nemmeno ai miracoli, ammesso che ci fossero.

Anzi, se questo libro fosse un miracolo, sarebbe condannato.

Io ho scritto questo libro dicendo che dobbiamo essere grati, però bisogna registrare che facciamo fatica…verso un cane, verso i morti…

Ad essere onesti, è vero che sto ricevendo tante attenzioni , ma non sono contento, perché penso che stiamo andando sempre più nel buio invece di provare a salire un po’ verso la Luce.

Sì, è come se il mondo fosse “assopito”. Anche davanti a certi fatti “privati” di violenza, a parte alcune manifestazioni plateali, poi le persone appaiono assopite, addormentate.

Sì, assopite è l’aggettivo giusto: più provi a scuoterle, più diventi quasi antipatico…

Sì, persone assuefatte alle brutture.

Però c’è chi è come voi ad esempio…e quindi andiamo avanti.

Grazie! ricordo che a Milano avevi letto dei brani sulla gentilezza

Sì, da Sacro Minore.

Concludiamo la nostra conversazione parlando dei numerosi incontri che Franco offre in giro per l’Italia, e dei suoi giri per i paesi che va a “trovare”.

Il 20 marzo Franco Arminio tornerà a Milano, in un luogo che deve ancora essere svelato. Ciò che è certo, è che sarà ancora una festa.

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Franco Arminio paesologo

La paesologia e la sua casa

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